In questo periodo per mille motivi non sono più ispirato a scrivere, spero mi perdonerai ❤️
On the other hand, ho ritrovato l’ispirazione per questo tema.
All’inizio non volevo parlarne, visto quanto sia stato di dominio pubblico il caso di Giulia Cecchettin. Non voglio parlare del caso in sé, ma della battaglia di genere che ha creato.
Sento di dover scrivere questo post perché anche io e la mia ragazza abbiamo rischiato di litigare su questo—un fatto che ha quasi dell’incredibile. Nonostsnte avessimo ricevuto complimenti sulla nostra comunicazione da una psicologa di coppia, anche tra noi si è scatenata una “lotta di genere”.
Questo mi ha fatto capire che c’è un problema da risolvere; non tanto riguardo ai fatti che sono avvenuti, ma riguardo a come li comunichiamo tra di noi.
Questo tema è molto delicato e voglio trattarlo come si deve. Per cui prenditi uno snack, una bibita e rilassati: sarà un’edizione lunga.
Questo è il sommario:
- Chi cavolo mi credo di essere?
- Perché se la stanno prendendo con tutti gli uomini?
- Perché gli uomini non fanno nulla?
- Il problema di comunicazione
- La mia proposta di soluzione
Ti sconsiglio però di saltare ad una specifica parte. Visto che “attaccherò” sia il lato maschile che femminile, saltare alla parte che più ti piace renderebbe questo post peggio che inutile.
Chi cavolo mi credo di essere?
Iniziamo con una domanda che probabilmente ti starai facendo perché me lo sono chiesto anche io iniziando a scrivere: cosa mi fa pensare di essere qualificato per scrivere su un tema così?
In primo luogo, ottima domanda. Non penso di essere più qualificato di altri, ma ecco le motivazioni con cui mi giustifico.
Primo: sono un maschio bianco etero cis e sono molto distante dall’essere Woke. Capisco perfettamente quindi come ci siamo sentiti noi uomini durante le recenti vicende, e sento di avere le carte in regola per parlare per la maggior parte di noi e capire il nostro punto di vista.
Seconda cosa, ho una ragazza intelligente e vicina a queste tematiche. Ha avuto la pazienza di parlarmi e di (provare) a farmi capire le tematiche sul genere, sulla sessualità, sul consenso etc.
Terza cosa: sono un podcaster. Quando qualcuno mi parla di temi che non capisco o che non condivido, ho la capacità e la curiosità di fare le domande giuste per capire da dove vengono certi sentimenti e di andare a fondo ad ogni questione.
Posso rimanere della mia opinione, ma arriverò sempre al punto in cui capisco quali assumption di base non combaciano e da dove si generano le divergenze di opinioni.
Quarto: ho co-fondato GenQ. Non condivido tutto ciò che pensano i membri più attivisti dell’associazione, ma ho parlato a lungo con loro per capire il loro punto di vista—e penso di aver capito.
Tutto questo per dirti che non sarà la solita retorica “Not all men”, ma non sarà neanche la retorica femminista “È tutta colpa del patriarcato”. Sarà un post dove provo a spiegare agli uomini il vero problema e a spiegare alle donne perché la comunicazione di oggi sta creando più danni che benefici.
Non dovrebbe servire fare premesse, ma è bene partire da un punto su cui tutti siamo d’accordo: quello che è avvenuto a Giulia è una tragedia, punto. Qualsiasi violenza è una tragedia, anche quando non sfocia nella morte.
Le violenze sessuali, psicologiche, economiche ed emotive sono tutte tragedie anche quando non vanno sotto la luce dei riflettori. Sia quando le vittime sono donne che quando sono uomini.
La domanda che probabilmente ti sarai posto in questo periodo, caro Hacker, è: perché le donne ce l’hanno con me, se io non ho fatto niente e non farei mai una cosa del genere?
Me lo chiedevo anche io, e proverò a risponderti.
Mentre tu, cara hacker, ti starai chiedendo: perché gli uomini che dicono di appoggiarci non fanno nulla per aiutarci in questa situazione?
Proverò a rispondere anche a questo.
Ma, da bravo ingegnere, arriverà anche al pratico: superati i problemi di comunicazione, da dove possiamo iniziare a risolvere il problema insieme? Non ho una risposta, ma ho sicuramente un ottimo spunto.
Per cui direi di iniziare.
Perché se la stanno prendendo con tutti gli uomini?
Caro lettore, la risposta è questa: le donne hanno paura, e sono arrabbiate.
Anzi, incazzate.
Fumanti di rabbia.
Nere come la pece più nera.
Questa paura e questa rabbia sono il motivo per cui ogni caso di cronaca di questo tipo fa scatenare questa rivolta.
Le donne vivono due vite: una vita normale in cui competono con noi per bilanciare carriera, università, famiglia, vita etc. (I dati dicono che stanno vincendo) e un’altra vita: una vita di costante paura.
Hanno paura quando si muovono per strada, quando sono nei mezzi pubblici, anche quando sono in bicicletta. Questa è una verità troppo distante da noi da comprendere.
Io l’ho capita pensando a questo: hai presente quando sei da solo mentre torni a casa da una serata? Magari passi da una strada buia, che non conosci, e senti quel leggero senso di angoscia. Ti guardi intorno per trovare strade in cui scappare nel caso ti aggredissero, o tieni le chiavi in mano come arma perché “non si sa mai”.
A me capita spesso, poi arrivo a casa e mi dico: “Come sei suggestionabile, non è successo nulla”.
Ecco: l’angoscia che noi sentiamo in questi casi, le donne la sentono sempre, amplificata per 100.
Hanno paura in macchina, pensando di essere seguite. Hanno pura a passare davanti ad un gruppo di ragazzi. Hanno paura di essere approcciate, molestate o peggio.
Noi abbiamo paura solo di notte, e solo se vediamo qualcuno con una faccia poco raccomandabile. Loro hanno paura sempre. E molta più di noi.
Per loro è normale scriversi a vicenda i dettagli dei ragazzi con cui escono per far sì di essere tracciabili, chiamarsi a vicenda quando una cammina da sola per ridurre la probabilità di essere aggredita, pensare a tutti i minimi pericoli ogni volta che si muovono.
È come se noi vivessimo sempre nell’angoscia di quando torniamo di notte alle 3, da soli, in un brutto quartiere. Quando ci penso rabbrividisco—passare tutta la vita in quello stato è oggettivamente una vita di merda.
La paura è una condizione così normale che quando succede un fatto come quello di Giulia, rinnova la sensazione che nonostante tutte le precauzioni, ancora non basti.
E, comprensibilmente, sono stanche. Stanche di avere paura, e stanche della violenza.
Qui nasce il primo problema di comunicazione: la violenza sulle donne è un problema più grande di quello che arriva nei nostri radar.
Io in primis fino a qualche anno fa non ne sapevo assolutamente niente, pensavo stessero esagerando. Faccio anche a te gli esempi con cui l’ho capito io, e a me ha scioccato questo dato: il 20% delle donne ha riportato una volenza sessuale. Uno stupro, per capirci.
E la maggior parte delle vittime non denuncia, per cui quel numero è sicuramente più alto.
Ma anche io, quando l’ho sentito la prima volta, non riuscivo a darci il giusto peso. Mettiamola così: se conosci più di 5 ragazze, una di loro è sicuramente stata stuprata.
Fermiamoci un secondo a pensare a questa cosa.
Visualizza le donne della tua vita: tua mamma, tua sorella, e 3 tue amiche. Visualizza il loro volto davanti a te. Sapere che una di loro SICURAMENTE ha subito una violenza sessuale è assurdo.
E la cosa che a me ha fatto più riflettere è un’altra: quanti stupratori conosci? Onestamente io zero. Eppure, dati alla mano, anche supponendo che gli stupri siano commessi più o meno dagli stessi individui, se conosci 10 uomini, uno di loro una volta ha stuprato.
Facciamo finta che le statistiche mentano e che sia uno ogni 20 uomini? 30? 50? In ogni caso, significa che ad ogni festa almeno uno stupratore c’è.
Questo è il motivo del tumulto, a cui si aggiunge la paura di subire cat calling, dick pick, e tutti i gesti di questo tipo che aumentano ancora di più l’angoscia delle donne.
Questo è un punto chiave: il cat calling ad esempio, a primo avviso sembra quasi innocuo. Ma per una persona che vive nell’angoscia, anche questo è motivo di pericolo e di aumento della paura (oltre ad essere un gesto raccapricciante).
Quando si parla di femminicidi e patriarcato, non si parla davvero di quello: si parla della paura costante in cui vivono le donne.
Questo punto però è condivisibile da tutti noi uomini etero cis no?
Non vogliamo che le donne abbiano paura. Non vogliamo che vengano aggredite. Non vogliamo che le nostre fidanzate, mamme o figlie siano terrorizzate quando si muovono per strada.
Non vogliamo che vengano aggredite, stuprate o uccise.
Ma la comunicazione che ci arriva non è questa, è più sulla falsariga del “Voi uomini siete delle merde”. Come ho capito successivamente, non è questo l’obiettivo della comunicazione, ma è quello che ci arriva.
Da parte nostra, dobbiamo comprendere il perché le donne stanno sbagliando a comunicare con noi: sono stanche ed incazzate, e comprensibilmente la comunicazione è basata sull’emotività.
Vedo uomini rispondere con statistiche che avrebbero un senso, ma che non c’entrano il tema: non è una questione di femminicidi.
In Italia ci sono 20.000 morti all’anno per incidente stradale e 100 femminicidi. Ogni donna ha 200 volte più probabilità di morire in macchina che morire di femminicidio, è ovvio per me che il tema non è il femminicidio.
Il tema è la paura che sentono da quando hanno 15 anni, che viene fuori incontrollata e feroce.
Ogni anno, circa 200 padri separati si suicidano per aver subito violenza economica (si fa fatica a trovare fonti a riguardo, ma l’importante è che sia dello stesso ordine di grandezza).
Statisticamente, è più pericoloso per noi sposarsi che per le donne. Ma sai perché non è importante quanto la statistica dei femminicidi?
Perché noi non viviamo una vita di paura. Punto. Tutti i numeri di contorno impallidiscono rispetto a “Il 100% delle donne vive una vita di paura”.
Il litigio con la mia ragazza nasceva proprio da questi esempi. Non capivo che la questione non è il femminicidio, ma il voler vivere senza l’angoscia.
Da parte nostra l’unico modo in cui agire è di non rispondere con statistiche, non provare a dire “Io no”, non dire niente. Loro stanno cercando solo empatia.
Non è facile ascoltare questi sfoghi, perché ci sentiamo attaccati e vorremmo difenderci. Però è una questione su cui non si può discutere, perché qualsiasi argomento “analitico” si scontra con l’emotività ed è destinato a produrre l'effetto contrario.
Però care hacker vi assicuro una cosa: la maggior parte degli uomini è d’accordo con voi. Il problema è nella comunicazione, che fa sì che ci sentiamo attaccati e quindi ci difendiamo.
E voi vedete il difendersi come un “Allora sei uno di loro”.
Entrambi i lati stanno sbagliando, ma in buona fede.
Perché gli uomini non fanno nulla?
Andiamo ora alla tua domanda, cara hacker: se è vero che gli uomini sono d’accordo con noi, perché non fanno nulla per aiutarci?
Altra ottima domanda. La risposta semplice è: la comunicazione.
Su una cosa avete ragione: non stiamo facendo abbastanza. Allo stesso tempo, non dobbiamo sentirci in colpa per questo. È fisiologico che il tema non ci tocchi tanto quanto alle donne—è un bias cognitivo.
Questo vale per tutti: ciò che non ci riguarda direttamente viene sempre percepito come meno importante.
Oggi nel mondo 13.600 bambini moriranno di fame. Perché questo non fa arrabbiare e scendere in piazza?
Diciamoci la verità: perché non ci tocca da vicino. Se vivessimo in Africa e a morire fosse nostro fratello, forse saremmo più interessati tutti al tema.
Così vale per tutto il resto. Questa non è una giustificazione al non agire: noi uomini dobbiamo essere i primi a renderci conto che questo bias ci porta a non dare il peso giusto a queste vicende.
Purtroppo anche noi sul nostro piatto abbiamo un sacco di pressioni: avere successo, fare soldi, essere forti, trovare il coraggio di parlare alle ragazze.
Abbiamo la testa così piena che senza un grande sforzo è difficile inserire anche la violenza di genere nelle nostre priorità.
I numeri che abbiamo visto prima devono servire come wake-up call: è vero—ce ne frega meno di quanto dovrebbe, e di conseguenza facciamo meno di quanto dovremmo.
Per una donna sembra impossibile capire come possiamo essere così passivi a riguardo, ma pensate ai bambini in Africa. Per noi è la stesso concetto: è un problema distante. E l’unico fattore che può risolvere questo disallineamento è la comunicazione.
Ma non quella che sto vedendo oggi. Da questo lato, penso il femminismo stia sbagliando di grosso. Capisco il perché, ma sta sbagliando.
Il problema della comunicazione
Quando ho parlato del problema di comunicazione alla mia ragazza, mi ha risposto con “Perché dobbiamo fare tutto noi? Per principio dovrebbe fregarvene senza che noi dobbiamo stare attente a come diciamo le cose”.
Questo è al 100% vero. È vero che NON DOVREBBE essere così. È vero che DOVREMMO sforzarci noi.
È vero.
Ma purtroppo, se volete risolvere i problema, anche qui sarete voi a dovervi sforzare. E visto che il problema non si sta risolvendo con la comunicazione di oggi, a mio parere è il caso di cambiarla.
Il primo problema è chiaro: anche se non è l’obiettivo della comunicazione, noi uomini ci sentiamo attaccati. Slogan che ho visto come “Colpevoli fino a prova contraria”, “Patriarcato merda” etc. hanno proprio questo effetto.
Questa comunicazione non arriva alle persone a cui effettivamente servirebbe: non penso che chi fa cat calling segua le pagine femministe o che possa cambiare idea grazie a questi post. Ma in più allontana gli uomini che effettivamente vorrebbero aiutare la causa.
Anche io, prima di riuscire a comunicare con la mia ragazza, ho sentito il bisogno di difendermi.
Per cui capisco che siete arrabbiate, ma dire agli uomini che vogliono supportarvi “Patriarcato merda” ha l’effetto di allontanare i vostri alleati più preziosi.
Per me dovreste cambiare la comunicazione in “Uomini, noi siamo impaurite e la violenza su di noi è un problema. Abbiamo bisogno del vostro aiuto”.
Questa è la chiave di volta: la mia ragazza è un anno che mi chiede di comprarle dei fiori, ma faccio una fatica terribile a ricordarmi. Appena però mi chiede aiuto per qualcosa, mollo tutto per aiutarla e non mi arrendo finché il problema non è risolto.
Noi uomini siamo cablati per risolvere problemi, per cui la comunicazione verso di noi si dovrebbe basare su questo. Io sto scrivendo questo post perché ho capito il problema e voglio aiutare a risolverlo. Ma lo sto scrivendo NONOSTANTE la comunicazione femminista, non grazie ad essa.
Il secondo problema è che non conoscete le dinamiche relazionali tra gli uomini: “parlane con i tuoi amici” non è facile come sembra.
Primo, se mi mettessi a parlare di questi temi con i miei amici, verrei deriso e sicuramente non preso sul serio. E lo farei anche io se uno di loro ne parlasse.
Ma non viene deriso perché parla di violenza sulle donne nello specifico; viene deriso perché parla di argomenti seri. Se c’è una cosa che ho imparato in 30 anni di amicizie con gli uomini è che non si parla di argomenti seri quando si è in compagnia.
Sarà perché tutti abbiamo problemi e quindi quando siamo fuori vogliamo rilassarci, sarà per la mascolinità tossica, non lo so. Sta di fatto che parlare di questi temi “frontalmente” non solo è difficilissimo, ma l’effetto sarebbe prossimo allo zero.
Qui vi dovete fidare di me in quanto uomo. Gli uomini non parlano dei propri problemi, figuriamoci se parlano di un problema di qualcun altro (è difficile da sentire e so che è un problema di tutti, ma è così).
Una cosa che mi è stata proposta, in questo caso in GenQ, è tagliare i rapporti con queste persone. Ma questa non è una soluzione per due motivi: primo, di nuovo, non taglierei mai gli amici di una vita per un problema non mio. Secondo, questo gesto non porterebbe letteralmente nessun beneficio.
Nessuno direbbe mai “Cavolo, Alex non esce più con noi per la violenza di genere, aspetta che mi informo”. Onestamente nemmeno io lo farei.
Quindi, cosa possiamo fare?
La proposta di soluzione
La cosa su cui le donne hanno ragione è che siamo noi uomini a dover parlare con i nostri amici. Normalizzare temi come consenso e violenza di genere è l’unico modo per ridurre il problema in futuro.
Quindi arriviamo alla mia idea: dare gli strumenti agli uomini per parlare di questi temi “sembrando fighi”. Sembra stupido, ma funziona.
Noi uomini facciamo tutto ciò che facciamo per piacere alle donne. Il piacere alle donne è da sempre cardine nella nostra vita: l’andare in palestra, trovare un buon lavoro e apparire intelligenti serve a quello.
Per cui dobbiamo brandizzare questi temi in modo che “Ti rendano più figo”. Ti faccio un esempio.
L’unica volta in cui sono riuscito a parlare di consenso con i miei amici è con questa storia: sono uscito per qualche settimana con una ragazza. Ho poi interrotto io la relazione perché non volevo una storia seria e lei sì.
Dopo qualche tempo, lei mi ha ri-invitato a casa sua. I messaggi prima della serata e il setting della casa facevano capire che era una serata “romantica come le altre”. Lei era vestita provocante, aveva due bottiglie di vino sul tavolo etc. , ma quando sono entrato mi disse in tono provocatorio “Ah guarda che stasera non scopiamo”.
Al che le ho detto (credendoci davvero): “Figurati, ci mancherebbe, nessun problema!! Mettiamoci sul divano e guardiamo un film” E ci credevo veramente. Ovviamente mi ha guardato come se fossi un alieno e dopo 10 minuti apparentemente ha cambiato idea.
Dopo aver raccontato la storia ho detto “Cioè ragazzi, non c’è nulla che funzioni di più che far sentire le ragazze tranquille”.
Ovviamente il takeaway è che bisogna rispettare i no delle ragazze. A volte cambiano idea, a volte no. Ma la probabilità che cambino idea insistendo è 0, per cui tanto vale farle sentire a proprio agio.
Non so se questa storia sia servita o meno, ma la probabilità che qualche ragazza abbia passato dei primi appuntamenti più tranquilla è sicuramente maggiore che se avessi fatto uno speech frontale sulla violenza sulle donne o se avessi abbandonato i miei amici.
E tutti gli hacker concorderanno che è una storia molto più facile da raccontare agli amici che “parlare di violenza di genere”.
Fa incazzare che si debba ricorrere a queste tattiche, ma possiamo arrabbiarci perché “È una questione di principio”, o trovare una soluzione che funzioni.
Se troviamo queste piccole tecniche per permettere a noi uomini di parlarne con i nostri amici in modo safe, MOOLTI più uomini ne parlerebbero e molti più uomini applicherebbero quanto imparato.
E sono convinto che se anche all’inizio lo farebbero con secondi fini, a furia di ripetere i comportamenti li internalizzerebbero (You are what you pretend to be).
Questa edizione è stata approvata alla pubblicazione dalla mia ragazza, per cui so di non aver scritto cose completamente stupide, ma ti prego di rispondermi e di mandarmi dei feedback nel caso avessi qualcosa da aggiungere.
Se hai subito una violenza o se sei in un momento di difficoltà, puoi scriverle su Instagram (@biomafreddo), ha già aiutato tantissime altre ragazze e ragazzi.
Infine, ti lascio qui il link per condividere questo post https://lanaro.io/la-violenza-sulle-donne . Sarebbe facile mandarlo solo agli uomini e dire “ECCO VEDI”, ma va mandato tanto agli uomini quanto alle donne.
Per risolvere il problema dobbiamo lavorare insieme, e questo significa abbandonare la retorica del “Tutti gli uomini sono cattivi”.
Fino alla prossima volta, be safe out there ❤️