Sono da sempre molto affascinato dal concetto di produttività e ho letto di tutto a riguardo.
C’è chi dice che per aumentare l’output per ora devi studiare time management.
C’è chi dice che devi studiare leadership, per delegare il più possibile.
C’è chi dice che il segreto è studiare ciò che devi ottimizzare, in modo da avere l’expertise per poter trovare le scorciatoie.
Chi ancora che per fare di più devi lavorare di notte.
Ho letto libri su ognuno di questi argomenti e tutti hanno effettivamente dei punti a favore.
Ma come fare?
Qual è il segreto per essere produttivi?
In primo luogo, lungi da me insinuare di riuscire a dare la risposta definitiva ad una domanda tanto complessa e tanto aperta a interpretazioni.
Ciò che leggerai è il mio pensiero, dettato dal buon senso e da ciò che ho estrapolato da decine di libri sull’argomento.
Ma mettiamo nero su bianco una definizione.
La produttività per me è la massimizzazione del valore aggiunto per unità di tempo.
p = Va / t
Ho scelto questa definizione per due motivi: il primo è che c’è il tempo a denominatore.
Questo ci costringe a lavorare in maniera intelligente e non lavorare più ore degli altri perché, aumentando il denominatore, il risultato finale va a diminuire.
Il secondo è che ci spinge a massimizzare il valore aggiunto, che è un concetto astratto che ho scelto apposta, in quanto ci costringe a pensare a ciò che stiamo facendo.
Questo perché, se vogliamo davvero massimizzare il valore aggiunto, dobbiamo capire BENE qual è il nostro output finale e quali sono i corretti KPIs!
Se il nostro obiettivo è scalare una montagna, il valore aggiunto è l’aumento di altitudine, non la distanza percorsa, perché la distanza percorsa potrebbe non portarci più vicini alla meta.
Ecco perché è così importante avere questo a numeratore.
Ci costringe ad analizzare il nostro output e definire cos’è il valore aggiunto che portiamo con i task che vogliamo rendere produttivi.
Più facile a dirsi che a farsi.
Ecco perché, nella mia personale versione della formula, sostituisco il valore aggiunto con la somma di altre due variabili: l’Efficacia E e l’Efficienza e del task.
La formula diventa quindi:
p= (E+e) / t
Questo può sembrare un concetto semplice ma si fa spesso l’errore di associare la produttività con la sola l’efficienza.
Effettivamente a parità di task, se uno viene fatto in meno tempo la produttività si alza.
Ma ricordati le parole del grande Peter Drucker:
“There is nothing so useless as doing efficiently that which should not be done at all”.
Lo ripeto per far metabolizzare il concetto.
Non c’è nulla di più inutile che fare in maniera efficiente ciò che non dovrebbe essere fatto.
Per prima cosa, bisogna associare produttività ed efficacia, e solo dopo si può pensare all’efficienza.
Per capire il concetto, dai un’occhiata alla matrice sotto.
Assumendo il denominatore della produttività pari a 1 (ci spostiamo quindi ad esaminare la
produttività oraria), la produttività è data dalla somma di Efficienza ed Efficacia.
Stimando il punteggio da 0 a 10 per ognuno di questi due elementi, possiamo collocare il task che stiamo facendo in uno dei quattro quadranti.
Ho creato la matrice in questo modo per evidenziare una cosa: se ti concentri solo ed esclusivamente sull’asse dell’efficienza, ovvero hai un punteggio alto per l’efficienza e non per l’efficacia, ti troverai nella zona “Useless task”.
Stai facendo qualcosa (bene o male poco importa) che non dovevi proprio fare in questo momento.
La strada da seguire per diventare un Productivity Hero è muoverti prima in su nell’asse dell’efficacia, e poi usare le tecniche che vedremo per l’efficienza per spostarti a destra.
Perché un task può essere reso più efficiente, ma non può essere reso più efficace.
Con questa premessa, in questo post ti darò gli strumenti per fare il primo passo per passare dal quadrante “Productivity Zero” a quello “Task to speed up”.
Quelle che leggerai di seguito sono delle strategie per migliorare il fattore di efficacia della produttività, ovvero come capire cosa c’è da fare.
I punti che troverai in questo post sono i seguenti:
- Il principio di Pareto (o principio 80/20)
- Il principio del domino
- Il costo opportunità
Il principio di Pareto
Non esiste un post sulla produttività ed efficacia che non citi il principio di Pareto, quindi non posso che affrontarlo anche qui. Secondo il principio 80/20, creato da Vilfredo Pareto, in quasi tutti gli ambienti e le analisi, il 20% delle cause principali crea l’80% degli effetti.
Semplice ma estremamente potente.
Ecco degli esempi per assimilare il concetto:
- In azienda, il 20% dei clienti maggiori genera l’80% del fatturato totale
- Il 20% dei vestiti che usi di più li metti l’80% delle volte
- Il 20% delle app che usi di più sono utilizzate l’80% del tempo totale che usi il cellulare
Mi fermo perché potrei andare avanti ore.
Ci possono essere delle leggere variazioni, e il principio di Pareto potrebbe essere meno accentuato se la distribuzione è più uniforme e diventare 60/20 o, se la distribuzione è meno omogenea, 90/20, ma sono davvero pochissimi i casi in cui questa regola non vale.
Per calcolare il principio di Pareto devi calcolare il contributo di ognuna delle singole cause in percentuale sul totale, ordinarle per contribuzione in ordine decrescente di e poi calcolare il valore cumulato.
In generale, se la distribuzione cumulata è qualcosa di simile a questo grafico, sai di trovarti davanti ad una distribuzione di Pareto, e il principio continua cosi: il 20% di cause maggiori crea l’80% degli effetti, il secondo 30% crea un altro 15% mentre l’ultimo 50% delle cause minori crea il rimanente 5% degli effetti.
Questo è un concetto che deve rivoluzionare il modo in cui approcci i problemi.
Significa che, in un qualsiasi progetto, il 20% dei task principali porta all’80% del risultato finale.Di conseguenza, prima di buttarti su qualsiasi altra cosa da fare, devi assicurarti di aver completate il 20% dei task principali, e potresti accorgerti che l’80% potrebbe bastarti come output.
Cosa puoi portare a casa quindi dal principio di Pareto riguardante la produttività ed efficacia?
1- Pensa a che percentuale del progetto perfetto ti serve
Se assumiamo pari a 100% il progetto finito perfetto, sei sicuro di aver bisogno di un progetto PERFETTO? Sicuro che se nella presentazione non tutto è perfettamente allineato non chiuderai il contratto?
Forse anziché spendere 4 ore ad allineare ogni slide (che fa parte del 50% dei task che crea il 5% degli effetti sul cliente) dovresti spendere quelle ore a ripassare i contenuti delle slide, che sono invece le cause principali della scelta finale.
2- Trova il 20% delle cause principali e falle per prime
Una volta definito qual è la percentuale di progetto che effettivamente ti serve, definisci i task per i quali il progetto non ha senso d’esistere senza di essi.
Se avessi un decimo del tempo per finire il progetto, quali sono i task che dovresti fare? Quelle sono il 20% da completare per primi.
Il bello di questo principio è che può essere applicato in sequenza a tutti i task fino ad arrivare al massimo livello di dettaglio!
Se il principio di Pareto vale dappertutto, allora è vero che il 20% delle slide di una presentazione hanno l’80% dei contenuti più importanti e ci passerai l’80% del tempo. Quindi sono quelle le slide da rifinire e i concetti da ripassare per primi. E così via.
Quando pensi alla produttività, pensa in primo luogo a cosa devi fare, perché questa è la chiave per risparmiare tempo, tagliando completamente le cose da non fare.
Il principio del domino
Questo punto serve per capire, dopo aver individuato i task che creano i maggiori effetti, quale fare per primo.
La risposta è molto semplice. Il task da fare è quello che risponde a questa domanda:
“Quale task, una volta completato, rende gli altri più facili o inutili?”
Di nuovo, non confondere semplice con facile. Sembra una cosa ovvia, ma spesso non ci facciamo questa domanda e finiamo per fare delle cose e poi dire: “Ah se avessi fatto prima quella, non avrei dovuto fare questo”.
Questo serve per sfruttare l’effetto domino. Una volta fatto il task che rende gli altri più facili, impiegherai meno tempo a fare i successivi.
Completa poi il secondo che risponde a quella domanda, rendendo i successivi ancora più facili e così via.
Un trucco semplice ma che, come l’interesse composto, diventa potente sommando gli effetti cumulati.
Questa domanda chiave deriva dal principio della Decision fatigue, di cui Steve Jobs era uno tra i più grandi sostenitori.
Il principio sostiene che le decisioni vengono prese con un “muscolo” (chiaramente non anatomicamente parlando) e, come un qualsiasi altro muscolo, può essere allenato ma si stanca anche.
Ci sono, di conseguenza, due corollari:
- Più decisioni si prendono, più è facile prenderle e più sono efficaci.
- Più decisioni si prendono in un giorno, e meno saremo efficienti nel prendere le decisioni successive.
Ecco perché Steve metteva sempre lo stesso dolcevita e faceva sempre la stessa colazione: per non dover decidere la mattina che cosa mangiare e come vestirsi, e conservare il muscolo delle decisioni per le cose importanti.
Da questo deriva anche il principio di prendere le decisioni che rendono le altre inutili o più facili. Se ti arrivano 100 inviti ad eventi al giorno, anziché decidere uno per uno se andare o no, è meglio decidere la tipologia di eventi a cui andare in modo da semplificare il processo (oppure decidere se dire di no direttamente a tutti li eventi).
Non sono un fan della Apple, ma Steve in fatto di produttività ed efficacia era davvero tra i migliori.
Il costo opportunità
Ultimo, ma non per importanza, è il costo opportunità.Si definisce costo opportunità come il costo del mancato sfruttamento di un’opportunità.
In particolare, è il costo della migliore opportunità disponibile che non si è potuto sfruttare, in quanto le risorse erano impegnate con l’attività principale.
Nel caso si stiano facendo delle analisi economiche per la scelta d’investimento, il costo è inteso nel senso letterale di mancato guadagno.
Se ho un’azienda e costruisco un magazzino da 100.000 €, il costo opportunità sono i mancati interessi che avrei guadagnato investendo quei soldi in azioni o titoli di stato o qualsiasi altro investimento disponibile.
Se il ritorno percentuale dall’investimento che ho fatto è superiore del costo opportunità, l’investimento è positivo, altrimenti è negativo.
Okay abbiamo capito cos’è il costo opportunità, ma come si collega alla produttività?
Nel nostro caso il costo di cui parliamo è il tempo, in quanto nostra risorsa scarsa.
Ogni volta che scrivi un task nella tua to-do list, e di conseguenza allochi del tempo per il suo completamento, stai togliendo il tempo a tutti gli altri task che puoi fare.
Come per un investimento, devi allocare il tuo tempo come se dovessi massimizzare i guadagni, solo che anziché parlare di soldi, in questo caso parliamo di valore aggiunto per task.
Ogni volta che scrivi un task nella to-do list chiediti: “Il valore aggiunto di questo task è maggiore di quanto avrei facendo qualcos’altro?”.
Se la risposta è assolutamente si, allora sei nella strada giusta. Se invece è no o non lo so, allora è il momento fermarti e rivedere quello che stai facendo.
Queste sono le tecniche che uso io per massimizzare l’efficacia e che utilizzo ogni volta che inizio un nuovo progetto, sia lavorativo che personale.