Come smettere di vivere per gli altri

Tag
Life
Social Media
Data
Apr 23, 2021
URL
Perché proprio ora?
Devi sapere che io, da Agosto 2019 a Dicembre 2020 sono stato senza Insagram, Facebook e LinkedIn.
Una volta finito il digiuno social, mi sono reso conto di quanto la mia qualità di vita fosse migliorata e delle persone che invece non riescono a farne a meno.
Oggi il mio obiettivo non è quello di farti disinstallare Instagram o TikTok, ma di aumentare la tua consapevolezza sul problema.
Aumentare la tua consapevolezza sul tempo che questo ti sta facendo perderesu quanto sia dannoso per la tua felicità e su quanto chi continua a postare sui social senza senso lo faccia perché ha solo bisogno di approvazione dall'esterno.
Sarà un po' lunga questa edizione, ma vale assolutamente la pena di investire il tempo per leggerla, anziché scrollare su Instagram 😉.
Questa è la scaletta:
  • Perché siamo ossessionati dal piacere agli altri
  • Chiediti perché stai postando
  • Realizza quanto tempo perdi
  • Siamo la generazione più triste di sempre
  • Ogni minuto lotti contro un AI
  • Next steps e risorse
Okay, we shall begin.

Perché siamo ossessionati dal piacere agli altri?

Come dice sul suo libro il mitico Simon Sinek, let's Start wth why [ITA] [ENG].
Io credo fermamente che tutto ciò che pensiamo, tutti i nostri istinti e le nostre fobie servivano per tenere in vita i nostri antenati 50.000 anni fa.
Le paure dell'altezza, dei ragni e dei serpenti sono date dal fatto che i nostri antenati non sarebbero sopravvissuti senza di esse.
Di certo non avevano in mente di fare paracadutismo, ma solo che se cadevi da un albero o da un burrone morivi o ti ferivi fatalmente.
A quel tempo, le persone con il cervello che mandava un segnale per dire "Non farlo" sono sopravvissuti, mentre tutti quelli che non avevano questo segnale sufficientemente forte sono morti.
Per cui la selezione naturale ha fatto si che solo i più cauti e paurosi sopravvivessero.

Lo stesso vale per la volontà di piacere agli altri.

L'uomo si differenzia dagli altri animali per la sua abilità di creare gruppi estremamente numerosi, si dice grazie al fatto di poter raccontare storie e credere in esseri soprannaturali, e deve la sua sopravvivenza e supremazia a questo.
Se venivi sbattuto fuori dal gruppo, eri virtualmente morto.
Di conseguenza, come la fobia dell'altezza, il voler piacere agli altri membri del gruppo era una skill di sopravvivenza.
Chi riusciva a farsi piacere agli altri (soprattutto a chi aveva un ruolo autoritario) sopravviveva, chi era più in disparte moriva.
Ecco il perché allora partiamo questa sfida in svantaggio: il nostro cervello è cablato per piacere agli altri, anche se adesso non è più questione di vita o di morte.
Ed ecco perché, come per tutti gli altri bias cognitivi, bisogna pensarci continuamente per prevenirne, almeno in parte, gli effetti.
Per approfondire ti consiglio l'articolo Taming the social mammoth - Wait but why [Link] (Genius post, as always).
Iniziamo con il primo step della cura:

1. Chiediti perché stai postando

Non so se sei un esperto di comunicazione aziendale, però quando posti con il profilo di un'azienda lo devi fare con un perché.
Devi capire chi è la tua target audience, cosa vuoi comunicare, che sensazioni vuoi scatenare, che azioni vuoi far prendere e devi pensare in che tono esprimerti.
Quando un'azienda pubblica sui social, lo fa con un chiaro perché in mente.
Questo è il segreto per usare i social senza che siano i social ad usare te.
Può essere che devi pubblicizzare il tuo piccolo side project, creare consapevolezza su un certo problema o anche riconquistare un ex (anche se non credo nelle minestre riscaldate, lo reputo un'obiettivo accettabile.)
Perché in questo caso, sai esattamente perché lo stai facendo e puoi capire se stai facendo azioni verso l'obiettivo o se stai solo perdendo tempo.
Quello che non ha il minimo senso è "Postare perché si".
Che senso ha perdere mezz'ora per beccare la luce giusta per una foto dell'aperitivo? Che senso ha non godersi il viaggio che stai facendo perché devi postare le foto con gli elefanti? Che senso ha non godersi il concerto per mettere le stories su Instagram?
Per chi lo stai facendo? Qual è lo scopo?
Ti invito a rifletterci e ad arrivare da te all'ovvia conclusione: NESSUNO.
A nessuno frega niente di quello che facciamo, perché sono tutti concentrati su se stessi.
E non vale assolutamente la pena rovinarsi il concerto o il viaggio nella speranza che qualcuno noti quello che stiamo facendo.
Ti consiglio di fare un'esperimento e di chiederti, ogni volta che stai per postare o vedi qualcuno che ha postato, "Qual è l'obiettivo?".
Ti renderai conto che la maggior parte delle volte il senso non c'è, se non perdere tempo e apparire di fronte agli altri.
E se la fonte principale di felicità e conferma sociale di qualcuno sono i like su Instagram, ci sono altri problemi sotto che vanno affrontati.
Provalo.

2. Realizza la valanga ti tempo che perdi

Ho parlato qualche tempo fa dell'app YourHour [Link] per android che mi ha cambiato la vita.
Quest'app ti permette di impostare dei limiti di tempo per l'utilizzo ma soprattutto calcola quanto tempo passi su ogni app.
Scaricati l'app (o un'app simile per iOS), avviala e lasciala là una settimana, facendo quello che faresti di solito.
Io l'ho fatto, e ho davvero preso paura.
In primo luogo, i 10 minuti qua, 5 là, 10 sù si accumulano fino ad arrivare anche a 7/8 ore settimanali di svago social. E non solo solo io apparentemente [Link].
Secondo, io arrivavo anche a 20/25 accessi al giorno, a volte magari per 3 secondi, e questo distrugge la tua concentrazione.
Si dice che servano fino a 30 minuti di lavoro ininterrotto per entrare in flow. Con 25 interruzioni in 8 ore di lavoro, è virtualmente impossibile.
Vuoi migliorare la tua produttività?
Anziché cercare il metodo migliore per gestire le to-do list, togli i social un mese e vedi che boost.

3. La nostra generazione è la generazione più triste

A questo punto mi potresti dire: si ma io tempo ne ho e mi piace postare e vedere i like su Instagram. Qual è il problema?
Il problema è che tutto questo ha un costo enorme: la tua felicità.
Io sono nato nel 1994, il che mi rende parte della Generation Y, una generazione generalmente triste.
Perché?
Ci sono due motivazioni principali.

1. I nostri genitori

I genitori dei nostri genitori (detti anche nonni) hanno vissuto durante la guerra.
La maggior parte di loro era fortunato se aveva da mangiare.
Di conseguenza, i nostri genitori sono stati abituati ad avere aspettative molto basse.
Il "successo" era avere un posto fisso, del cibo in tavola e una famiglia per poter fare i barbecue la domenica senza pensieri.
Oltre ad avere le aspettative basse, i nostri genitori sono cresciuti durante gli "sweet sixties", periodo dal '60 al '90 di prosperità economica mondiale e aumento del debito pubblico.
Di conseguenza, visto che la felicità è data dall'equazione realtà - aspettativecon aspettative basse e realtà "alta", non se la sono passati niente male.
E questo lo hanno poi passato a noi: spinti dall'ottimismo di quegli anni, ci hanno detto che possiamo fare quello che vogliamo e che siamo "speciali" (ma se tutti sono speciali, nessuno lo è).
Di conseguenza le nostre aspettative sono altissime e, indovina indovida, i nodi del debito pubblico sono arrivati al pettine, ed è iniziato un periodo di rallentamento economico.
Stavolta l'equazione va contro di noi.
Realtà "bassa" e aspettative alte danno un risultato negativo.
Ops.

2. Tutti sono i vicini di tutti

Già l'equazione della felicità ci fa partire in svantaggio.
Ma come se non bastasse, i social sono arrivati per farci sentire sempre più inadeguati.
Una volta, per essere considerato bravo in qualcosa, dovevi essere il migliore del tuo paesino/vicinato.
Adesso, non importa quanto tu sia bravo, di successo o talentuoso. Ci sarà sempre il famoso bambino cinese che a 4 anni ti supera.
C'era anche una volta il bambino cinese, solo che non lo sapevi.
Ora il confronto non lo fai più con solo i tuoi conoscenti, ma con tutto il resto del mondo.
Ed essere considerato "speciale" è diventata un'impresa insormontabile, cosa che si scontra con quanto ti hanno sempre detto i genitori.
  • -
Mettendo insieme le due cose, è un disastro.
Non solo hai le aspettative altissime, non solo la realtà è più difficile, ma il confronto non lo devi fare più solo con i tuoi vicini di casa, ma con tutto il mondo.
E non è nemmeno un confronto onesto!!
Devi confrontare la tua realtà, che già è al di sotto di quanto ti dicevano i tuoi genitori, con la versione abbellita, ingigantita e FALSA della "realtà" degli altri.
Per questo stare troppo sui social distrugge.
Non fai altro che vedere palestrati, modelle e gente ricca e non solo ti abbatti perché pensi "Tutti sono sopra alle aspettative e io no", ma ti rende anche meno felice delle persone intorno a te.
Se il tuo ragazzo non è ricco, palestrato e intelligente come "tutti" quelli su instagram, ti sembra di doverti accontentare.
E stendo un velo pietoso sulla situazione degli uomini.
Per approfondire: Why Generation Y is unhappy [Link]

4. Ogni minuto stai lottando contro un AI

E' l'ultimo punto, ma ci tengo a sottolinare anche questo perché è chiave.
Ti è mai capitato di dire "Sto su Facebook 5 minuti" e poi passare 45 minuti o un'ora a guardare post e video?
Ma com'è possibile?
Beh, capita quando le migliori menti della nostra generazione sono tutte strapagate per creare sistemi che ti facciano stare il più possibile sui social.
I sistemi di intelligenza artificiale (AI) si chiamano cosi perché migliorano nel tempo e, più stai sui social, più dai informazioni su di te che li migliorano e ti rendono sempre più difficile staccarti.
Non mi fraintendere, a Mark Zuckenberg non importa nulla della tua foto alla sagra dello gnocco fritto con il tuo ex del liceo.
Ma l'AI tiene traccia di tutto quello che ti fa stare sul feed.
"Mmm, l'altra volta dopo un video dei gatti è andata via ma con un video dei Panda è rimasta 30 secondi in più, proviamo a mettergli altri video taggati 'carini'."
"Mmm, poi ho provato con un video di dei bambini ma non le è piaciuto, mentre un video di finanza si! Ok, prossima volta l'ordine dei video è Panda-Finanza"
Per me è agghiacciante.
Non tanto i dati che si prendono su di noi, a cui ormai siamo tristemente abituati.
Ma il fatto che stanno cercando in tutti i modi di farci perdere tempo, cosa secondo me ancora più preziosa dei nostri dati.
Per approfondire: The Social Dilemma su Netflix [Link], documentario assurdo.

Next steps e risorse

Ma quindi? Siamo tutti destinati a soccombere a questi sistemi?
Beh, direi di no.
Ci sono sicuramente delle cose che si possono fare per contrastare questo effetto.
La prima è prenderne consapevolezza. E spero che ora tu ce l'abbia.
Lottare contro la perdita di tempo sui social è come lottare contro una dipendenza.
Bisogna ammettere il problema (io quando ho visto che perdevo 8 ore la settimana mi sono detto "Ok, hai un problema") e agire per risolverlo.
Secondo, scaricati un app per misurare quanto tempo spendi sui social. YourHour o qualsiasi altra app va benissimo.
Come dice il padre del management Peter Drucker: "You can't improve what you can't measure".
Terzo, non smettere di informarti e ricordarti di questo problema.
Non ti nascondo che ci sono dei giorni, soprattutto quando magari è stata una brutta giornata a lavoro o altro, che mi perdo sui social.
In mia difesa ho un AI che lotta contro di me.
Però, circondarmi di risorse che mi ricordano quanto è contenuto in questa mail mi fa dire "Ok basta vai a leggerti un libro".
Queste sono tutte le risorse che ti consiglio:
  • (Articolo) Taming the social mammoth - Wait but why [Link]
  • (Articolo) Why Generation Y is unhappy [Link]
  • (Documentario) The Social Dilemma su Netflix [Link]
  • (Podcast - 3 min) Travel without a phone - Derek Sivers [Link]
  • (Podcast - 2 min) Travel without social praise - Derek Sivers [Link]
  • (Podcast - 2 min) Would you make your art if you were the last person on earth? - Derek Sivers [Link]
Signori, è stata lunga, ma siamo arrivati alla fine. E chiudo con una quote, al solito, ma la quote che ha ispirato questa newsletter:
We are what we repeatedly do. Excellence, then, is not an act, but a habit."
– Will Durant