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Il problema della violenza sulle donne

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Non scrivo da un po’ perché è un periodo davvero pieno di lavoro (in questo momento sono in pausa pranzo da un cliente), però sento questo tema così importante che mi sono ripromesso di rubare il tempo alle pause per scrivere.
All’inizio non volevo parlarne, visto quanto sia di dominio pubblico il caso di XXX, e non voglio indirizzare il caso in se ma la battaglia di genere che si instaura dopo ogni vicenda come questa.
Sento di dover scrivere perché anche io e la mia ragazza abbiamo rischiato di litigare su questo, un fatto che ha quasi dell’incredibile. Anche tra di noi, con la nostra psicologia di coppia che ci disse che la nostra comunicazione è pazzesca, si è scatenata una mini “lotta di genere”.
Questo mi ha fatto capire che c’è un problema da risolvere, non tanto riguardo ai fatti che sono avvenuti, ma riguardo a come comunichiamo tra di noi.
Questo tema è super delicato, per cui lo tratterò con la dovuta cautela ma partiamo come sempre dalle ovvietà che però fa bene ricordare: quello che è avvenuto a Giulia è una tragedia, punto. Qualsiasi violenza, di qualsiasi tipo, è una tragedia anche quando non sfocia nella morte.
Le violenze sessuali, psicologiche, economiche ed emotive sono tutte tragedie anche quando non vanno sotto la luce dei riflettori. Sia quando le vittime sono donne che quando sono uomini.
Questo è il pensiero che ogni uomo ha in questo momento, e la domanda che probabilmente avrai caro Hacker (uomo) è: perché le donne ce l’hanno con me se io non ho fatto niente e non farei mai una cosa del genere?
Me lo chiedevo anche io, e proverò a risponderti.
Mentre tu cara hacker ti starai chiedendo: perché gli uomini si sentono accusati o non fanno nulla per aiutarci in questa situazione?
Proverò a rispondere anche a questo.
Superati i problemi di comunicazione, da dove possiamo iniziare a risolvere il problema? Non so se ho una risposta, ma ho sicuramente un ottimo spunto.
Per cui direi di iniziare.

Perché se la stanno prendendo con tutti gli uomini?

Caro lettore, io (penso) di averlo capito la settimana scorsa: le donne hanno paura e sono arrabbiate.
Questo è il motivo per cui ogni caso di cronaca di questo tipo fa risonanza mediatica e fa scatenare questa rabbia contro gli uomini. Ed è più che giustificata.
Le donne hanno paura quando si muovono per strada, quando sono nei mezzi pubblici, anche quando sono in bicicletta. Questa è una verità che per noi è troppo distante da capire.
Però io l’ho capita pensando a questo: hai presente quando sei da solo che torni a casa da una serata? Magari passi da una strada un po’ buia, che non conosci, e senti quel leggero senso di angoscia. Magari ti guardi in torno per pensare in che strada scappare nel caso ti aggredissero, o tieni le chiavi in mano come arma perché “non si sa mai”.
A me capita spesso, soprattutto quando vivevo a Milano. Poi arrivavo a casa e mi dicevo “Come sei suggestionabile, non è successo nulla”.
Ecco, questa angoscia che noi sentiamo in questi casi, le donne la sentono sempre, probabilmente amplificata per 100.
La paura è una condizione così normale per loro che quando succede qualcosa di questo genere (nonostante tutte le precauzioni che prendono), fa una paura incredibile. E sono stanche di avere paura.
E questo è più che condivisibile da tutti noi uomini etero cis. Non vogliamo che le donne abbiano paura. Non vogliamo che le nostre fidanzate, mamme o figlie abbiano paura quando si muovo per strada.
Non vogliamo che vengano aggredite o uccise.
Per cui da dove nasce la diatriba? In teoria siamo sulla stessa pagina.
La diatriba nasce perché non stiamo facendo niente, o non stiamo facendo abbastanza. Nasce da noi che paragoniamo il femminicidio ad un qualsiasi altro omicidio, quando per loro è una cosa molto grave.
Non dimentichiamo che poi questa discussione nasce dalla rabbia, è una discussione carica di emotività, delicata, per cui è difficile avere una vera conversazione sul tema.
Il primo punto che mi sento di dire è che non dobbiamo sentirci in colpa perché il tema non ci interessa tanto quanto alle donne, è un bias cognitivo.
Tutto ciò che non ci riguarda direttamente lo sentiamo come meno importante. Oggi 13.600 bambini sono morti di fame. Perché questo non ci fa arrabbiare quanto un femminicidio? Diciamoci la verità, è perché non ci tocca da vicino.
Così vale per tutto il resto. Ma questa non è una giustificazione al non agire: noi uomini dobbiamo essere i primi adesso a renderci conto che questo bias ci porta a non dare il peso giusto a queste vicende.
Già solo pensare che potrebbe toccare a nostra mamma, fidanzata o figlia dovrebbe farci alzare le orecchie.
Lascia che ti dia un numero agghiacciante: più del 20% delle donne ha subito una violenza sessuale. Significa che se conosci 5 ragazze, almeno 1 ha subito una violenza sessuale!! Pensa alle tue amiche o compagne di corso. Il 20% di loro ha subito o subirà una violenza sessuale.
Questo serve per fare una wake-up call a tutti noi: effettivamente è vero, ce ne frega meno di quanto dovrebbe (e di conseguenza facciamo meno di quanto dovremmo).
Questo è il motivo per cui si sentono slogan come “Uomini colpevoli fino a prova contraria”. Questi slogan vanno presi per quello che sono: espressione di paura e rabbia.
Ma se fino ad adesso o “sgridato” noi uomini (e sia chiaro che io sono al 100% compreso in questo gruppo), ora tocca alle donne.
Già, perché per comunicare servono sempre due fronti, ed entrambi possono migliorare qualcosa.
Questo è un tema estremamente delicato e che ti tocca nel profondo, me ne rendo conto, però prova a leggere la parte successiva con al mente aperta, dopo un respiro profondo.
Quello che farò NON è victim-blaming: non è colpa della donna se viene uccisa, non è la donna che deve stare attenta a come si veste e non è la donna a non dover andare all’ultimo appuntamento.